Polonia-Russia, una partita
Mentre ero in taxi a Danzica, ho capito cosa significa Polonia-Russia da queste parti. "Quello a destra è il museo di Solidarność - mi dice l'autista, uno tra i pochi a conoscere la lingua anglofona - Fino a dieci anni fa, a scuola, avevamo cinque ore di russo a settimana e una di inglese. Mia madre decise di mandarmi a lezione privatamente. Oggi mio figlio ha cinque anni e già ce l'ha nei programmi". Si fa fatica un po' ovunque a spiegare che calcio e politica c'entrano poco tra loro, perché chi la diplomazia l'ha guidata per anni e lo fa tuttora utilizza lo sport come mezzo di comunicazione della propria grandezza o presunta tale. Lo fece Mussolini con l'Italia di Pozzo, i generali d'Argentina nel '78 e tutte le democrazie continuano ad usufruirne a piene mani. Qualche tifoso russo c'è anche a Cracovia, anche se la concentrazione maggiore è a Varsavia, dove lo scontro frontale che una volta giocavano i Walesa e i Breznev si è trasformato in una guerra dei poveri cristi, che ciondolano da un lato all'altro per qualche birra in più e vedono nei 90' del campo una parentesi dal significato relativo. Per chi ama il gioco, Polonia-Russia è semplicemente Polonia-Russia, una partita. Molto sentita, ma sempre una partita.