Portogallo 2004
Mai avaro di sorprese, il Campionato Europeo sta per regalare quella forse più clamorosa di sempre, certamente avvicinabile solo dal successo danese del 1992. Il Paese ospitante della dodicesima edizione è il Portogallo, che ottiene per la prima volta l’organizzazione di un grande evento proprio al tramonto della generazione d’oro degli anni Novanta. D’oro, ma incapace di andare oltre alla semifinale di quattro anni prima e quindi decisa a chiudere col botto sfruttando il fattore campo.
Dalle qualificazioni non arrivano sorprese. Le uniche big costrette agli spareggi sono Olanda e Spagna. Gli Orange cedono infatti il primo posto alla scatenata Repubblica Ceca, sempre a suo agio in questa manifestazione, ma mai così competitiva, potendo contare sul Pallone d’Oro Pavel Nedvěd. Le Furie Rosse vengono invece irretite dalla Grecia, capace di infliggere loro l’unica sconfitta, per di più a domicilio. Dagli altri gironi esce rivalutata la Francia, che dopo il pessimo mondiale del 2002 chiude a punteggio pieno precedendo la Slovenia. Bene anche la Germania, davanti alla Scozia, e l’Inghilterra, sulla Turchia. Danimarca e Norvegia fanno loro un girone equilibratissimo, nel quale anche la Bosnia prova a dire la sua. Stesso discorso per Bulgaria e Croazia, che beffano il Belgio, e per Svizzera e Russia, con l’Irlanda scomoda terza. L’unico volto nuovo è dunque quello della Lettonia, che fino all’ultimo prova a strappare il primo posto alla Svezia, scippando poi lo spareggio alla Polonia.
Il cammino dell’Italia, affidata a Trapattoni già dopo la beffa finale del 2000 e ancora alle prese con lo choc “coreano”, inizia male. Il pareggio interno con la Jugoslavia e la successiva sconfitta in Galles, netta ben più di quanto dica il due a uno finale, mettono molta pressione. Le successive due vittorie sulla Finlandia permettono di rialzare la testa e, complice il calo dei gallesi ai quali viene rifilato un poker al ritorno, il primo posto viene assicurato dal pareggio di Belgrado contro gli slavi, che in corso d’opera hanno cambiato nome in Serbia & Montenegro, ultimi residui dello stato jugoslavo imploso oltre dieci anni prima.
Al Galles andrà comunque il secondo posto, che però serve a poco, perché allo spareggio la Russia ha la meglio grazie al gol del terzino Evseev, unico in grado di sbloccare l’equilibrio assoluto tra le due squadre. Nelle altre gare di play-off non deludono Spagna e Olanda. I primi vincono sia all’andata che al ritorno contro la Norvegia, mentre i tulipani perdono di misura in Scozia, salvo poi rimediare largamente col 6-0 di Amsterdam. Resta la Croazia, che dopo l’uno a uno interno va a prendersi la qualificazione in Slovenia col bomber del Monaco (finalista a sorpresa in Champions League) Dado Pršo. E resta l’unica esordiente, la Lettonia, che fa un bello sgambetto alla Turchia, medaglia di bronzo ai mondiali due anni prima.
Il Portogallo, padrone di casa, inizia il torneo contro la Grecia, che si riaffaccia al grande calcio dieci anni dopo il suo unico mondiale. Sembra l’approccio più morbido, ma nasconde un pugno nello stomaco, perché i greci sono imperforabili e spietati in ripartenza. Due a uno per loro, con Cristiano Ronaldo che riesce ad accorciare solo in pieno recupero. La Spagna nel frattempo batte la Russia e si accontenta poi del pareggio coi greci, convinta di poter poi disporre del Portogallo, che si rianima superando i russi. Russi che poi sfogano la loro delusione battendo inutilmente la Grecia e costringendola al secondo posto, perché sull’altro campo il Portogallo beffa i vicini di casa spagnoli con la rete di Nuno Gomes. Prima favorita a casa, dunque, ma non è l’unica, perché anche la Germania finisce per pagare dazio nel girone terribile con Repubblica Ceca e Olanda. I cechi sono scatenati e chiudono a punteggio pieno. L’Olanda, che ha conquistato in extremis il pareggio contro i tedeschi, riesce a prendersi la seconda piazza grazie alla cenerentola Lettonia, capace di strappare un decisivo zero a zero alla Germania. Le favorite che non sbagliano sono Francia e Inghilterra. I campioni in carica vincono subito lo scontro diretto, grazie a una doppietta a tempo scaduto di Zidane che ribalta il vantaggio di Lampard. Svizzera e Croazia oppongono comunque poca resistenza e per gli inglesi è facile guadagnarsi il secondo posto.
L’Italia, infine, che al momento del sorteggio aveva giustamente esultato perché capitata nel girone più abbordabile, vista l’assenza di altre big. Gli azzurri partono tra le favorite del torneo, puntando su Totti, ormai giunto a piena maturazione e designato apertamente da Trapattoni come il possibile uomo simbolo. La troppa pressione, e la troppa attenzione da parte del danese Poulsen nello zero a zero del debutto, finiscono però per giocare un brutto scherzo al numero dieci, che viene beccato da una telecamera a sputare in testa all’avversario e squalificato per quattro turni. Nel frattempo la Svezia sommerge di gol la Bulgaria e arriva allo scontro diretto col morale a mille. Trapattoni si affida a Vieri e Del Piero, ma è Cassano, l’unico volto nuovo, a sbloccare il punteggio. Nella ripresa proprio Fantantonio viene rimpiazzato da Fiore e Ibrahimovic punisce la troppa prudenza del Trap pareggiando in acrobazia nel finale. A questo punto, complice il successo danese sulla Bulgaria e fatti due rapidi calcoli, è chiaro che per la classifica avulsa un pareggio con due o più gol a testa nel derby scandinavo dell’ultimo turno qualificherebbe entrambe le formazioni, beffando l’Italia. Le promesse di sportività che giungono da Stoccolma e Copenaghen appaiono più di circostanza che altro e infatti, mentre l’Italia batte la Bulgaria, soffrendo, all’Estádio do Bessa di Porto si materializza il due a due, grazie alla rete di Jonson a un minuto dal termine. Beffa, dunque, ma ampiamente meritata da una squadra “noiosa”, incapace di regalare spunti di bel gioco, fatta eccezione per Cassano. Dopo Byron Moreno, Trapattoni trova un altro alibi per giustificare i propri errori, ma stavolta non riuscirà a mantenere la panchina.
Un torneo finora non trascendentale, perde nel primo giorno di quarti di finale un’altra delle favorite. È l’Inghilterra, che arriva ai rigori col Portogallo prima facendosi pareggiare il gioiello di Owen a poco dal novantesimo e poi rimediando con Lampard al gol di Rui Costa nel secondo extra time. Lo stesso Rui Costa, sbagliando dal dischetto, rimette in corsa i Leoni dopo l’errore iniziale di Beckham, ma alla settima serie di rigori l’errore decisivo lo commette il piccolo attaccante dell’Aston Villa, Vassell, che si fa parare il tiro da Ricardo, a mani nude. Ed è proprio il portiere, trasformando il tiro successivo, a portare i suoi in semifinale. Semifinale dove arriva tramite rigori anche l’Olanda, dopo centoventi minuti di pura noia contro la Svezia. L’errore decisivo lo commette il difensore scandinavo Mellberg. Gli altri attori del “biscotto” anti-Italia, i danesi, vengono invece travolti dalla Repubblica Ceca per tre a zero, punteggio che mette i cechi in pole position come squadra da battere. Anche perché dal loro lato di tabellone saluta anche la Francia, nuova vittima del catenaccio dei greci, che stoppano ogni iniziativa dei galletti, per poi colpire nella ripresa col centravanti Charisteas.
Mentre ci si chiede se la Repubblica Ceca riuscirà a venire a capo delle trappole del tecnico degli ellenici, il tedesco Otto Rehhagel, Portogallo e Olanda danno vita a una delle poche partite degne di nota nella fase a eliminazione diretta. Hanno la meglio i padroni di casa, che colpiscono dopo nemmeno mezzora con Cristiano Ronaldo, per poi allungare definitivamente a inizio ripresa col centrocampista Maniche, vero uomo in più del loro torneo. L’autogol di Jorge Andrade serve solo a tenere in bilico il punteggio fino al novantesimo. Il giorno dopo, invece, il punteggio resta in bilico fino a ben oltre il novantesimo. La Grecia, come preventivato, riesce a irretire anche i cechi, incapaci di mettere in atto il loro gioco fisico e tecnico allo stesso tempo, che fino a quel momento non aveva lasciato scampo a nessun avversario. Sta per finire anche il primo tempo supplementare quando, da corner, il libero dei greci Dellas, riserva nella Roma, pesca il jolly beffando Cech. È silver gol, che in questo caso equivale a un golden gol, visto che di tempo per recuperare non ce n’è.
La grande delusione ceca fa da contraltare alla incredula gioia dei greci, alla loro prima finale in un torneo internazionale, dopo che per decenni avevano assistito al grande calcio solo da spettatori. Di fronte, quel Portogallo battuto nella gara d’esordio, ma che da allora è cresciuto esponenzialmente, scrollandosi di dosso il peso del pronostico per proporre attimi di bel calcio in un torneo che di bel calcio ne ha offerto davvero poco. La gara segue facilmente il canovaccio previsto. Portogallo a fare la partita e Grecia chiusa dietro, in attesa dell’occasione giusta per colpire. Vista la cronica difficoltà offensiva dei portoghesi, per la squadra di Rehhagel è un gioco da ragazzi, tanto più che stavolta il colpo da K.O. arriva già al decimo della ripresa. Ancora corner e ancora capocciata vincente, ma stavolta la mette a segno Charisteas. Se già sullo zero a zero era assedio alla porta di Nikopolidis, figuriamoci sullo zero a uno. Tutto inutile, la retroguardia ellenica si erge come un muro davanti alle confuse offensive dei padroni di casa, che al novantesimo abbandonano in lacrime il sogno di laurearsi campioni d’Europa davanti al loro pubblico. La coppa la solleva invece la Grecia, tra lo stupore generale, riportando alla ribalta quel calcio antico fatto di difesa col libero e contropiede, una volta prerogativa dell’Italia.