Italia 1980
Con l’arrivo degli anni Ottanta il calcio entra in una nuova era, sempre più vicina al mondo dell’economia e sempre più lontana da quello dello sport. Il numero delle squadre partecipanti alla fase finale dei mondiali cresce, passando da 16 a 24, e l’Europa non può essere da meno. Viene così deciso che la fase finale dell’Europeo sarà a 8 squadre, non più 4, e che il Paese organizzatore sarà qualificato di diritto, senza dover passare dalle forche caudine dei gironi preliminari.
Resta da scegliere a chi toccherà l’onore di organizzare il trofeo, e soprattutto di incassare i ricavi che un maggior numero di partite comporta. Ed è qui che scende in campo ancora una volta Artemio Franchi, senza ombra di dubbio il più scaltro dirigente che il nostro calcio abbia avuto. Da presidente della FIGC, e importante membro del direttivo UEFA, ha gioco facile nello sbaragliare la concorrenza e far ottenere l’incarico al nostro Paese. L’Italia, come nazionale, viveva un momento felice. Affidata a Bearzot, dopo il breve mandato di Bernardini, aveva disputato un ottimo mondiale in Argentina, conquistando un inaspettato quarto posto e mostrando forse il miglior gioco di tutte le partecipanti.
A scombinare i piani di Franchi, che già pregustava un successo sia sportivo che economico, arrivò, a poche settimane dal torneo, lo scoppio dello scandalo del calcio-scommesse. La slavina che si abbatté sul calcio italiano, costringendo lo stesso Franchi alle dimissioni, ebbe ripercussioni sia a livello di immagine, che sportive. Il pubblico, infatti, disertò gli stadi, sentendosi tradito dai propri eroi della domenica, mentre Bearzot si ritrovò di colpo privato dei suoi due migliori attaccanti, Paolo Rossi e Bruno Giordano, entrambi finiti sotto la scure della giustizia.
Nel frattempo, in ogni caso, le altre trentuno squadre avevano disputato i gironi preliminari che qualificavano le prime direttamente alla fase finale. Poche le sorprese, anzi solo una, con la Grecia approdata per la prima volta a un grande appuntamento internazionale eliminando l’Ungheria e una irriconoscibile Unione Sovietica, finita addirittura ultima dietro la Finlandia. Tutto facile per l’Inghilterra, anche se nel suo girone desta maggiore interesse la doppia sfida tra le due Irlande, in un periodo in cui la tensione tra loro sfociava spesso in attentati mortali. Torna protagonista il Belgio, precedendo Austria e Portogallo che invece non riescono più a uscire dall’anonimato nel quale sono finite. Non mancano le protagoniste dell’ultima edizione. La Cecoslovacchia e La Germania Ovest non hanno molti problemi, rispettivamente contro Francia e Turchia, mentre l’Olanda reagisce alla beffa argentina vincendo la sfida a tre con Polonia e Germania Est, nel girone sicuramente più interessante dei sette. L’ultima a qualificarsi è la Spagna, che va a vincere in Jugoslavia, salvo poi farsi battere in casa e centrare la qualificazione all’ultimo turno col successo a Cipro.
Le otto pretendenti vengono suddivise in due gruppi. Nel primo, da giocarsi tra Roma e Napoli, la Germania Ovest fa presto il vuoto, superando sia la Cecoslovacchia che l’Olanda e qualificandosi dopo due partite. I tedeschi si presentano all’appuntamento con una rosa profondamente rinnovata, puntando su due attaccanti fenomenali come Rummenigge e Allofs. Sono proprio loro a costringere olandesi e cecoslovacchi a giocarsi il secondo posto nello scontro diretto. Finisce in parità, per la gioia dei campioni in carica, che conquistano la finale per il podio. L’Italia finisce nel raggruppamento di Milano e Torino, con avversarie sulla carta non irresistibili. Come detto, però, Bearzot si è ritrovato senza i suoi due migliori centravanti, costretto a richiamare Graziani, lontano da tempo dal giro azzurro, e a puntare sul giovane Altobelli e su Pruzzo, con Bettega e Antognoni chiamati a garantire la fantasia. Non bastò. Lo zero a zero contro la Spagna scatena l’ira del pubblico di Milano, tanto più che il risultato sta stretto agli spagnoli, fermati dalla traversa e dall’arbitro. A Torino, con una formazione quasi completamente juventina, arriva la vittoria di misura contro un’Inghilterra deludente. Decide Tardelli, ma la differenza reti condanna gli azzurri a dover battere il Belgio all’ultimo turno. Il tecnico dei Diavoli Rossi è l’esperto Guy Thys, che nel 1986 centrerà una storica semifinale mondiale, e riesce a creare un muro difensivo impenetrabile per i nostri attaccanti, irretiti dal sistematico uso della tattica del fuorigioco e traditi dall’arbitro, che non vede un mani in area. Secondo posto beffardo, dunque, nonostante la porta di Zoff sia ancora inviolata.
All’Italia è riservata l’ulteriore beffa della sconfitta ai rigori nella finale di consolazione contro la Cecoslovacchia, arrivata per l’errore di Collovati, alla nona serie di tiri. Accantonata la delusione per un risultato ben inferiore alle attese, l’attenzione di tutti si sposta alla finale del giorno dopo. Sulla carta, la sfida tra tedeschi e belgi sembra senza storia, visto che i primi sono alla loro terza finale europea consecutiva. Le due squadre sono entrambe giovani, ma guidate ciascuna da un giocatore di esperienza. Nel Belgio si tratta del trentacinquenne regista Van Moer, già protagonista nella semifinale di otto anni prima. La Germania Ovest, invece, punta sull’ariete Horst Hrubesch, bandiera dell’Amburgo col quale sfiorerà i cento gol in poco più di 150 presenze. Ma non solo, perché nella squadra del tecnico Derwall brillano altre stelle, i già citati Rummenigghe e Allofs, il geniale Schuster, il metronomo Hansi Müller e l’arrembante terzino Briegel. È proprio Hrubesch, però, a sbloccare il punteggio dopo dieci minuti, con una sassata su assist dello scatenato Schuster. Per il Belgio sembra già notte fonda, visto che la sua tattica di aspettare chiusi a riccio gli avversari è andata subito a rotoli. I Diavoli Rossi, però, sono duri a morire e dopo aver lasciato sfogare i tedeschi, nella ripresa cominciano a crescere, ispirati dall’eterno Van Moer, che vince nettamente il duello col pigro Müller. A un quarto d’ora dal termine l’arbitro fischia un rigore per un fallo al limite sul centravanti Van Der Elst e Vandereycken trasforma, riaprendo i giochi. I belgi sembrano anzi più in forma, tanto da andare vicini al clamoroso sorpasso, visto che i tedeschi sembrano in debito di ossigeno e temono la beffa dei rigori come quattro anni prima. A due minuti dal termine, invece, su un corner dalla destra è ancora Hrubesch a svettare più in alto di tutti e incornare la rete decisiva, diventando l’eroe per caso di un’edizione del Campionato Europeo che per l’Italia resterà quello dei rimpianti.