Perché la gente ama il calcio
Fine corsa, ha vinto il Portogallo. Ha vinto contro ogni pronostico, contro chi gli dava del "fortunato", contro chi parlava di Ronaldo-dipendenza. Ha vinto la squadra più organizzata e, quindi, quella migliore. Giusto merito a un gruppo di giocatori di grandissima intelligenza tattica, che ha saputo mettersi a disposizione della squadra eliminando gelosie e invidie. Tutti attorno a CR7 ma non per riverenza: la stella del Real ha saputo essere leader umano prima ancora che tecnico. E la conferma è arrivata proprio nella finale, dopo le lacrime e il cambio. Nulla da dire: è il trionfo di Fernando Santos.
In fondo, è il trionfo del calcio, uno sport in cui non basta essere i "più bravi". Non è sufficiente il "bel gioco". E non serve nemmeno avere i favori del pronostico, uno stadio tutto per te e - diciamocelo - un cammino tutt'altro che impossibile. Il Portogallo non sarà stato "bello", ma ha saputo essere dannatamente concreto: zero sconfitte. E non da ieri.
La Francia, invece, è stata l'opposto. Poco squadra fin da subito, un disegno tattico rivedibile e tante crepe emerse già all'esordio con la Romania e via via un po' in tutte le gare (a eccezione di quella con l'Islanda). Aveva illuso il 2-0 a una spenta e monocorde Germania.
In tanti hanno parlato di un Europeo noioso, di troppe barricate, di un livello di qualità al ribasso. Può essere, ma certamente non lo scopriamo certo oggi. E, anzi, andrebbe sottolineata soprattutto l'organizzazione tattica di tutte le 24 compagini: da qui le tantissime sorprese come Irlanda del Nord, Galles, Islanda, Ungheria e - in parte - Albania. In questo senso, se in cima al podio va di diritto Fernando Santos, sul secondo gradino non si può non piazzare Lars Lagerback. E sul terzo? Beh, senza dubbio alcuno c'è Antonio Conte.
L'Italia non partiva coi favori del pronostico, anzi. Gli azzurri, tra defezioni pesantissime e convocazioni non condivise dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, ha invece disputato un Euro 2016 molto positivo. Battute Belgio e Spagna, fermata la Germania campione del mondo. Una spedizione più che dignitosa, che ha zittito i soliti soloni dei ritornelli estivi a cadenza biennale. Per capirci, sono spariti quelli de "servono i centri federali, "ci sono troppi stranieri in Serie A", "non si investe sui giovani". Tante parole per non dire nulla. La realtà è che nel calcio servono i giocatori, ma serve pure un allenatore capace di metterli in campo. Poi ci sono i cicli storici. E c'è la tradizione, che non scompare se non vinci nulla per qualche anno.
La gente ama il calcio anche perché sa raccontare storie come questa del Portogallo. Una Nazionale capace di perdere sempre. Di perdere pure in casa nel 2004 contro quell'incredibile Grecia. E in grado di riprendersi tutto a casa della Francia quando nessuno ci avrebbe scommesso un euro. Perché poi, quello che conta per chi ama questo sport, e quello che resta, è la storia. E' l'emozione. E' l'empatia. E fra molti anni - molti anni di calcio - questo mese appena finito resterà in ogni caso un bellissimo ricordo.