La madre di tutte le vigilie...
Varsavia, il ritorno. Non in un giorno qualsiasi, ma per la grande vigilia. E’ vero, non sarà mai come quella di Dortmund, che ci proiettò a Berlino e sul tetto del mondo. Ma Italia-Germania non è una partita. E’ la partita per antonomasia.
La “solita” vita da pendolare dell’Euro, con tanto di treno preso di mattina, fortunatamente non all’alba, da Cracovia mi porta nella capitale solo tre giorni dopo la dolce notte dei quarti. Per una semifinale questo e altro. Caotica il giusto, raggiungo facilmente in tram lo stadio che vive con spasmodica attesa l’ultimo incontro del suo Europeo organizzato in casa.
Sono in netto anticipo rispetto alle conferenze, mi godo l’attesa in tutta tranquillità; una calma apparente prima del caos tra giornalisti tedeschi, italiani e da tutto il mondo. Perché Italia-Germania non è una partita qualsiasi.
I tedeschi ci temono. Non fanno gli sbruffoni con titoli roboanti su loro quotidiani, forse memori e scaramantici rispetto a quelli minacciosi e roboanti del 2006. Non siamo più i pizzaioli, i mafiosi, i suonatori di mandolino da battere?
E’ un’altra Germania rispetto alla squadra di sei anni fa; più forte, più giovane, più sicura delle sue enormi potenzialità. Ma che ci teme ugualmente. Il genio di Pirlo fa paura ai teutonici, il record negativo, in manifestazioni ufficiali, ancor di più.
Attacchiamoci ai precedenti, ma anche alla forza di una squadra che sa giocare al pallone. Soffriremo, e va bene. Ma perché tradire la cabala favorevole?